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Dicembre 6, 2022

ESG, arriva la terza fase: è il momento della cultura d’impresa

Una nuova sensibilità sta nascendo dalla voglia e la necessità di creare un mondo maggiormente sostenibile ed inclusivo. Iniziative ed investimenti su temi ESG crescono in tutta Europa, dando vita a una nuova era di maturità rispetto alle azioni da mettere in campo quotidianamente.

Il desiderio comune di costruire un mondo migliore, rafforzato dagli anni della pandemia da SARS-CoV-2, ha dato un forte sostegno alla crescita delle iniziative e degli investimenti rispetto alle tematiche ESG in tutta Europa. Si sta entrando nell’era della maturità delle tematiche legate alla sostenibilità, per le quali si è delineato nel corso degli anni un percorso in tre fasi: la fase della Compliance, la fase delle Strategie e la fase della Cultura.
È importante avere la consapevolezza di questa evoluzione. Si è partiti, nel campo degli ESG, dall’identificazione di prassi e processi per mettersi al passo con l’evoluzione del contesto esterno, in termini di documentazione aziendale, rispetto di standard e di indicatori richiesti (fase di Compliance). Si è poi passati al crescente convincimento della necessità di far penetrare le diverse tematiche ESG nella gestione degli asset aziendali, quali prodotti/servizi, tecnologie, assetti produttivi, catene di fornitura, canali distributivi, risorse umane (fase delle Strategie). 
Il terzo, decisivo step, è ora quello della fase nella quale si realizza che un cambiamento di orientamento strategico nella direzione della sostenibilità non può essere compiuto senza una svolta nel mind-set aziendale, ad iniziare dai vertici, fino a permeare i comportamenti e le competenze di tutte le risorse umane dell’organizzazione aziendale. 

Le svolte sul fronte Culturale 

Possiamo individuare due svolte da considerare come grandi fattori abilitanti per lo sviluppo dell’azienda nella direzione della Sostenibilità. La prima è l’adozione di modelli di leadership “agile”, sostenibili, ispirazionali. La capacità di indirizzare lo sviluppo dell’azienda in modo “agile”, anziché “waterfall”, risponde alle necessità di un contesto imprevedibile ed in continuo cambiamento. L’inclusione e la capacità di ispirare sono diventate funzionalità organizzative indispensabili per rispondere all’evoluzione di una domanda di lavoro sempre più laica, sempre più alla ricerca del “purpose”, del senso, delle cose che si fanno nella “vita di lavoro” e nel bilanciamento di questa con la vita privata.

Certo, il mondo in ebollizione della domanda di lavoro, anche post-pandemica, cui stiamo assistendo (neanche del tutto chiaro ad oggi) è tale che non potrebbe mai essere affrontato con modelli di leadership tradizionali o comunque con connotati gerarchici ancora preponderanti. Di conseguenza (e qui veniamo alla seconda svolta culturale) le Aziende si stanno dotando di una Employee Value Proposition del tutto nuova, costruita su un employee journey fortemente ispirato dal modello di leadership di cui abbiamo parlato. I pilastri fondamentali sono: forte coinvolgimento delle risorse nel “purpose” dell’azienda, relazioni peer-to-peer, coinvolgimento bottom-up nell’innovazione di prodotti e processi, fairness e trasparenza nel modello di gestione e delle relazioni, cultura organizzativa inter-funzionale e di de-siloing, politiche di welfare, grande capacità di ascolto, diffusione di policy DE&I, orientamento al benessere di filiera, sensibilità verso temi di natura ESG.

Il ruolo degli stakeholder

È un percorso lungo e in continua evoluzione, che trova ciascuna delle imprese collocate ad affrontare sfide e priorità diverse l’una dall’altra. Il rapporto di Bain & Company Italia, dal titolo “ESG CEO Pulse. Whatever ESG takes”lo documenta nel dettaglio, mostrando che le differenze dipendono dall’industria a cui appartiene l’impresa, dalla storia che l’ha forgiata, dalle onde lunghe culturali che da questa storia provengono e dalla sensibilità di tutti gli stakeholder per queste tematiche.Il processo di cui stiamo parlando si è evoluto di pari passo con l’orientamento sempre più indirizzato verso i temi della sostenibilità dei diversi interlocutori per il Sistema Impresa: dalla pubblica opinione e dai consumatori, ai fornitori, alle istituzioni, dalla finanza e dal mondo degli investitori fino agli stessi azionisti.Si può dire che la vera accelerazione è avvenuta quando è diventato chiaro come gli interessi di stakeholder e shareholder coincidessero: l’azionista - che ha a cuore lo sviluppo sostenibile nel lungo periodo della propria azienda - comprende appieno che è solo con la soddisfazione degli interessi degli altri stakeholder, con una visione di benessere condiviso e di lunga durata, che si tutela il proprio interesse, sia nella generazione di reddito che nella creazione di valore.


Diversity, Equity & Inclusion

Volendo concentrarci sul tema DE&I, all’interno di quello più ampio delle tematiche ESG, così come sottolinea una seconda analisi di Bain & Company Italia dal titolo “Women Journeys. Azioni per il cambiamento”, dedicata al lavoro femminile, uno dei nodi cruciali rimane la parità di genere nei ruoli di leadership. Oggi, il 43% della forza lavoro italiana è composta da donne, ma solo il 2% di loro ricopre il ruolo apicale all’interno dell’organizzazione, quello del CEO. Il tema ha radici lontane e molte complessità, in tutte le fasi di sviluppo del percorso femminile, a partire dall’infanzia, ma è utile interrogarsi sulle iniziative – in capo alle aziende – che possano correggere questa tendenza. Una Employee Value Proposition coerente rappresenta senz’altro la prima risposta. La cultura organizzativa quotidiana è uno degli elementi principali in grado di condizionare l’affermarsi di donne in ruoli di leadership: è compito dell’azienda, infatti – attraverso flessibilità, rimozione dei bias culturali legati al genere, filosofia di welfare, new way of working, depotenziamento della postura tradizionalmente gerarchica, cultura dell’ascolto e della trasparenza, relazioni peer-to-peer – creare un contesto più favorevole al ruolo della donna.


L’impatto sulla C-Suite

Sul fronte manageriale, questo stato di cose richiede che la C-Suite di un’azienda strategicamente e culturalmente orientata alla sostenibilità debba dunque rispondere a due requisiti: possedere il DNA del modello di leadership di cui abbiamo parlato e saperlo interpretare quotidianamente, anche declinandolo in competenze e comportamenti specifici della propria funzione.

Qualche esempio, suddiviso per diverse funzioni aziendali: 

HR

  • Championship nel Change Management
  • Psicological Safety
  • New Employee Value Proposition
  • D&I
  • NWOW
  • Talent and Succession Management di lungo periodo
  • Big Data Management

CFO

  • Valutazioni di trade-off sugli Investimenti Sociali/Ambientali/Energetici
  • Relazioni con Investitori ad elevata sensibilità ESG
  • Orientamento alla generazione di Reddito e Valore di lungo periodo
  • Risk management sui fattori che rendono sostenibile l’Azienda nel lungo periodo

MKTG/PRODOTTO

  • Innovazione offerta in chiave di strategia ESG
  • Rispetto privacy nella profilazione
  • Politiche green
  • Economia circolare
  • Strategia di comunicazione orientata al “Purpose”
  • Modelli di Servizio orientati alla partnership con il Cliente di lunga durata
  • Coinvolgimento del Cliente nell’elaborazione di Prodotti/Servizi

ACQUISTI

  • Logiche di filiera
  • Trade-off lungo periodo/profittabilità
  • Partnership


L’impatto organizzativo: evoluzione del Sustainability Manager 

La governance operativa del processo di trasformazione sostenibile segue il tipico ciclo di maturità della gestione di processi discontinui: Light Central Championship, Solid Central Championsp, Shared and Wide Spread Responsibility. È il percorso che si è ormai consolidato nel processo di trasformazione digitale, ad esempio. 

La figura del Sustainability Manager, nella fase iniziale del processo di trasformazione sostenibile, spesso è inserita in funzioni contigue: HR, Comunicazione, Relazioni Istituzionali, CFO, Strategie, a seconda del profilo dell’azienda e della relativa esposizione a questo o a quello Stakeholder (Light Central Championship). Il passo successivo è spesso una accountability più spinta ed una visibilità organizzativa più accentuata con un riporto diretto al CEO e con la partecipazione alla vita organizzativa e decisionale dell’azienda più evidente (Solid Central Championship). 

In entrambi i casi il ruolo funge da stimolo, da centro di competenza, da gestore di processi di sensibilizzazione e di raccolta di deliverable rilasciati dalle Funzioni operative, coinvolte solo in modo “passivo”. Così come nella trasformazione digitale, il passo successivo, e spesso conclusivo, è la diffusione di commitment e accountability lungo tutto ciclo di vita del prodotto/servizio e in tutte le funzioni che lo rappresentano. Il processo diventa dunque più bottom-up, più orientato al team co-design, con una funzione centrale che garantisce omogeneità delle diverse proposte, coerenza d’insieme e allineamento alle strategie complessive di lungo periodo dell’azienda.

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